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AMAMI

Galleria Giampaolo Abbondio vi invita in un nuovo, stimolante viaggio tematico nella collezione, tra edonismo e voyeurismo, erotismo e autodeterminazione. E se Picasso affermava che “l’Arte non è casta e se lo fosse non sarebbe Arte”, nella mostra AMAMI  (dal 9 settembre al 14 ottobre presso la Galleria Giampaolo Abbondio a Todi) a cura di Giusy Caroppo, nulla è casto; anzi, tutto è incentrato in immagini, crude o patinate, che insistono sul consumo di corpi e del corpo che conduce al piacere dei sensi e dello sguardo, che diviene strumentale alla seduzione, all’emozione se non ad attitudini erotiche irriverenti, trasgressive, estreme, a-morali. 

Marina Abramovič, Nobuyoshi Araki, Matteo Basilé, Lisetta CarmiFranko B, Robert Gligorov, Nan Goldin, Zhang Huan, Richard Kern, Oleg Kulik, David Lachapelle, Sara Lorusso, Luigi Ontani, Elena Ovecina, Sergio Racanati, Jan Saudek, Andres Serrano, Joel-Peter Witkin, Francesca Woodman, con opere storiche o ricerche inedite, offrono un ventaglio di cristallizzazioni di istantanee o storytelling per immagini, per un erotismo cerebrale, liminare, relegato all’immaginazione o affidato al simbolo reale, maschile e addirittura fallico, fluido o femminile. Il titolo della mostra AMAMI è un invito aperto, ispirato dalla seconda edizione, per i tipi SUDDEN THOUGHTS, dell’omonimo libro illustrato e redatto da Massimo Giacon e Tiziano Scarpa; una sorta di eredità che Giampaolo Abbondio – in veste di editore e autore dell’introduzione – ha inteso lasciare a suo figlio affinché “lo portasse a scoprire che è giusto cercare l’amore in qualsiasi modo”. Così, secondo un excursus costruito per dialoghi e contrasti nella variegata collezione, è stata strutturata una mostra che racconta le molteplici declinazioni dell’amore, in chiave carnale come mentale. Un viaggio ricercato tra miti indiscussi della body art e della performance, tra temi scabrosi quale il kinbaku bondage e il voyeurismo, universi iconografici in labile equilibrio tra bellezza e grottesco, naturale e artificiale, sesso bohémien e candore femminile, spontaneità, sofferenza, lato animale dell’umanità, oriente e occidente, fotografia documentaria e nuova estetica no wave, shockvertising e gusto estetizzante, con l’intenzione di riaccendere i mai sopiti dibattiti sulla libertà d’espressione dell’arte e il politicamente corretto.

Opere riunite in quattro ambienti dello storico palazzo sede della galleria, secondo tematismi suggeriti da titoli emblematici di alcuni lavori esposti, che invitano a un procedere sempre più intrigante: si spazia dal concetto di “New Paradise” , una sorta di metaspazio della fantasia, dell’illusione, del desiderio e dell’ambiguità, a “Les Liasions Dangereuses”, un mondo morboso, in cui i legami pericolosi si spingono verso la sottomissione consenziente o la vendita ammiccante di sé, tra una selva di sguardi e un inventario di “parti” di carne a buon mercato; ancora più in là, si compie un ”Marriage” morganatico tra uomo e animale, tra anomalo e “normale”, tra un tripudio dei sensi cui fa eco un’orgia di orpelli. Un lento perseverare nell’amore, spesso al di là dell’amore, che porta a scoprire che la redenzione dal peccato non è poi così vicina: nell’ultima sala, “Crucifixion”, violenza sulla donna come sull’anomalo, sacro e profano, castità e fantasia, dualità femmina-maschio e dittatura del fallo, chiudono e aprono il cerchio di un “comandamento” – AMAMI – che, è ancora vivo, vegeto, attuale.

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